TRIBUNALE DI CAGLIARI 
 
 
                        Prima Sezione Penale 
 
    Il  Tribunale  Penale  di  Cagliari  Sez.  1°,  in   composizione
monocratica, nella persona della Dott.ssa Silvia Badas, alla pubblica
udienza del 3 dicembre 2014, nel  procedimento  penale  n.  3923/2014
R.G. 
 
                               Contro 
 
    F.   A.   nato   a      il      ivi   residente,   agli   arresti
domiciliari-presente 
 
                              IMPUTATO 
 
    «del delitto di cui all'art. 628, comma secondo,  c.p.,  perche',
al fine  di  procurarsi  un  ingiusto  profitto  dopo  essersi  fatto
consegnare due banconote da € 20, la prima da Z. L. la seconda L. N.,
, con la scusa di avere bisogno di' quel  taglio  di'  banconote  che
gli avrebbe cambiato con altre da € 10, ed essersi  dato  alla  fuga,
dopo essere stato inseguito ed invitato a fermarsi  a  restituire  il
denaro dal  L.  per  sottrarsi  all'inseguimento  di  assicurarsi  il
possesso  di  quanto  illecitamente  sottratto,  e  soprattutto   per
assicurarsi l'impunita' per il reato appena commesso, spingeva il  L.
contro la portiera dell'autobus di linea nr.  3  proseguendo  la  sua
fuga fino a quando non veniva nuovamente  raggiunto  e  bloccato  dai
carabinieri. 
    Con la recidiva reiterata specifica e infraquinquennale. 
    Commesso in Cagliari 10 settembre 2014..» 
    ha pronunciato la seguente ordinanza 
    visto l'art. 23, commi I, II e III legge 11 marzo 1953 n. 87 
    Letti tutti gli atti processuali; 
 
                                Fatto 
 
    In seguito all'arresto in flagranza avvenuto il 10 settembre 2014
F.  A.   e' stato condotto dal pubblico ministero  dinanzi  a  questo
tribunale per rispondere  del  reato  di  rapina  impropria,  di  cui
all'imputazione sopra  riportata,  con  l'aggravante  della  recidiva
reiterata specifica e infraquinquennale. 
    Il giudice all'udienza  dell'11  settembre  2014  ha  convalidato
l'arresto  ed  applicato  all'imputato  la  misura   della   custodia
cautelare in carcere (1) indi, come richiesto, all'udienza di  rinvio
del 17 settembre 2014, ha ammesso  il  F.   al  giudizio  abbreviato,
condizionato all'espletamento di  una  perizia  psichiatrica,  resasi
necessaria alla luce di' quanto  risultante  da  una  sentenza  dello
stesso tribunale di Cagliari, in data 2 marzo 2012,  irrevocabile  il
17/3/2012, con la quale (2) era stata applicata all'imputato una pena
ridotta  per  via  del  riconoscimento  della  diminuente  del  vizio
parziale di mente. 
    In esito ai  disposti  accertamenti  peritali  e'  risultato  che
effettivamente, anche nell'attualita' il F.    e'  affetto  o  da  un
«disturbo di personalita' NAS», con «spiccati  tratti  border-line  e
antisociali  all'interno   di   una immaturita'   di   base»   e   da
«disturbodell'umore NAS di un quadro slatentizzato dall'assunzione di
sostanze» significato e valore di infermita' di mente di entita' tale
da «scemare grandemente le capacita' di intendere e di volere». 
    Ad  avviso  di  questo  giudice  le  emergenze  degli  atti,  con
particolare riguardo al verbale di ricezione della  denunzia  querela
orale sporta da N. L. ,  conducono  ad  una  affermazione  di  penale
responsabilita' dell'imputato in ordine alla fattispecie ascritta. 
    Risulta infatti inequivocabilmente comprovata la sottrazione  del
denaro avvenuta con le modalita' di cui in contestazione,  costituita
dal conseguire con una scusa la precaria consegna di due banconote da
€  20  da  parte  di  alcuni   coetanei,   salvo   poi   allontanarsi
repentinamente non appena conseguita la materiale disponibilita'  del
denaro,  cui  faceva  seguito  il  ricorso   alla   violenza   (nella
fattispecie una violenta spinta al L. che lo faceva  sbattere  contro
la portiera del pullman dove i due si trovavano) per  assicurarsi  il
possesso della cosa sottratta e guadagnare la fuga,  nel  momento  in
cui  veniva  raggiunto  da  una  delle  persone  offese  dopo   breve
inseguimento. 
    La  condotta  concretamente  posta  in  essere  dal  F.   integra
pacificamente la fattispecie della cosiddetta  rapina  impropria,  al
furto con destrezza posto in essere in prima battuta essendo  seguita
una condotta violenta univocamente finalizzata nei termini di cui  si
e'  detto;  peraltro,  come  detto,  l'imputato  e'  risultato   solo
parzialmente capace di intendere di volere al momento del fatto,  per
cui  deve  essere  riconosciuta  la  circostanza  attenuante  di  cui
all'art. 89 c.p., inoltre,  avuto  riguardo  al  limitatissimo  danno
patrimoniale cagionato alle persone offese  (appena  €  20  ciascuna,
somma modestissima anche  avuto  riguardo  alla  loro  condizione  di
studenti  universitari   risultante   dagli   atti),   sussistono   i
presupposti per riconoscere la circostanza attenuante comune  di  cui
all'art. 62 n. 4 c.p. 
    Tuttavia come si e' detto risulta contestata nel caso in esame la
recidiva   reiterata,   nonche'   specifica   e    infraquinquennale,
correttamente ritenuta dal pubblico ministero sulla  base  di  quanto
risulta dal  certificato  del  casellario  giudiziale  in  atti,  ove
appunto risulta da ultimo commissione di due  rapine, una  tentata  e
l'altra consumata, nel corso del 2011  e  del  2012,  rispettivamente
giudicate  con  sentenza   di   applicazione   pena   del   2/3/2012,
irrevocabile  il  17/3/2012  e  con   sentenza   del   tribunale   in
composizione monocratica del 23/2/2012, irrevocabile 7/7/2012. 
    Ne' del resto, nel caso di specie, sussistono  in  alcun  modo  i
presupposti per escludere la contestata aggravante,  posto  che  alla
luce degli ulteriori numerosissimi precedenti specifici - si rammenti
che il F.   oltre ai due precedenti di cui si e' detto, commessi poco
dopo  che  ha  avuto  termine  l'esecuzione  delle  precedenti   pene
detentive inflitte, con sentenza  del  31/10/2007,  confermata  dalla
Corte d'Appello il 6/11/20008 e' giä stato condannato  dal  tribunale
per i minorenni alla complessiva pena di  due  anni  e  sei  mesi  di
reclusione ed € 1000 di multa per avere commesso 11 rapine e 5  furti
nel  corso  del  2006,  con  precedente  sentenza   del   16/10/2007,
parzialmente  riformata  dalla  Corte  d'Appello  6/3/2008  e'  stato
ritenuto responsabile di ulteriori 5 e rapine e  9  furti  variamente
aggravati, sempre commessi nel corso del 2006, per i quali  e'  stata
irrogata una  pena  complessiva  di  quattro  anni  e  nove  mesi  di
reclusione ed € 1000 di multa - non puo' non inferirsi  una  maggiore
pericolosita' dell'imputato da e per il nuovo reato commesso, pur non
particolarmente  grave  nella  sua  oggettiva  consistenza,  tuttavia
indicativo di una rinnovata scelta  criminale,  non  arrestata  dalle
intervenute  sentenze  definitive   di   condanna,   oltretutto   non
particolarmente distanti nel tempo (ve sono alcune di appena due anni
antecedenti ai fatti per cui si procede). 
    Ai  fini  della  determinazione  della  pena  si   rende   dunque
necessario operare un giudizio di bilanciamento tra  l'aggravante  di
cui all'art. 99 comma quarto, c.p., giudizio che non puo' che  essere
espresso in termini di equivalenza per il tassativo disposto  di  cui
all'art. 69, comma quarto, c.p.. (come sostituito dall'art.  3  della
legge 251 del 2005). 
    Tale  divieto  di  prevalenza   delle   attenuanti   conduce   ad
individuare la pena entro la cornice edittale prevista dall'art. 628,
comma 1, c.p. (reclusione da tre a dieci anni e multa da euro € 516 a
€ 2065), escludendo la possibilita' di adeguare la pena alla concreta
men che modesta gravita' del  fatto  (sia  per  l'entita'  del  danno
patrimoniale causato  che  avuto  riguardo  al  quantum  di  violenza
concretamente esercitato dal F.   )  e  alle  particolari  condizioni
personali  dell'imputato,  affetto  da  vizio   parziale   di   mente
(considerando una  pena  base  individuata  nel  minimo  sulla  quale
operare le riduzioni, potrebbe pervenirsi alla irrogazione della pena
di un anno e quattro mesi di reclusione ed euro 232 di  multa,  sulla
quale operare la riduzione per il rito). 
    Ad avviso della scrivente la disposizione  di  cui  all'art.  69,
comma quarto, c.p., la cui applicazione nel presente procedimento non
consente di pervenire ad una pena aderente  alla  reale  offensivita'
del fatto, presenta profili di  irragionevolezza  tali  da  porla  in
contrasto con i principi sanciti dagli articoli 3 e 27, comma  terzo,
della Costituzione. 
    Con le sentenze n. 201 del 5 novembre 2012, In.  105  e  106  del
14/4/2014, la Corte Costituzionale ha gia' avuto  modo  di  occuparsi
della   disposizione   in   parola   rispettivamente    dichiarandola
illegittima nella parte in cui  prevede  «il  divieto  di  prevalenza
della circostanza attenuante di cui all'art. 73 d.p.r.  309  del  90»
ovvero «della circostanza attenuante di' cui all'art.  609-bis, terzo
comma, cod.  pen.,»  oppure  «della  circostanza  attenuante  di  cui
all'art. 648, secondo comma, cod. pen» sulla recidiva di cui all'art.
99, comma quarto, c.p.. 
    Nelle  tre  pronunce  citate  la  Corte  ha  affermato   che   la
legittimita', in via generale, di trattamenti  differenziati  per  il
recidivo, ossia per «un soggetto  che  delinque  volontariamente  pur
dopo aver subito un processo ed una condanna per un  delitto  doloso,
manifestando l'insufficienza, in chiave  dissuasiva,  dell'esperienza
diretta e concreta del sistema sanzionatorio penale» (sentenza n. 249
del 2010), non sottrae allo scrutinio di legittimita'  costituzionale
le singole previsioni, 
    E quanto al giudizio di bilanciamento tra circostanze  eterogenee
che questo consente peraltro al giudice  di  «valutare  il  fatto  in
tutta la sua ampiezza circostanziale, sia  eliminando  dagli  effetti
sanzionatori tutte le circostanze (equivalenza), sia tenendo conto di
quelle che aggravano la quantitas delicti, oppure soltanto di  quelle
che la diminuiscono» (sentenza n. 38 del 1985). 
    Nelle stesse pronunzie si e' affermato altresi'  che  deroghe  al
bilanciamento pero' sono  possibili  e  rientrano  nell'ambito  delle
scelte  del   legislatore,   che   sono   sindacabili   dalla   Corte
Costituzionale   «soltanto    ove    trasmodino    nella    manifesta
irragionevolezza o nell'arbitrio» (sentenza n. 68 del  2012),  ma  in
ogni caso «non possono giungere a  determinare  un'alterazione  degli
equilibri  costituzionalmente  imposti  nella  strutturazione   della
responsabilita' penale» (sentenza n. 251 del 2012). 
    Tale situazione pare sussistere con  riferimento  al  divieto  di
prevalenza della circostanza attenuante di cui all'articolo  89  c.p.
sulla recidiva di cui all'articolo 99 quarto comma, c.p.. 
    Va premesso che rappresenta  un  principio  di  diritto  pacifico
nella giurisprudenza della Suprema Corte - da ultimo riaffermato  con
sentenza n. 40812 del 18/11/2010 - l'inquadramento del vizio parziale
di mente fra le circostanze inerenti la  persona  del  colpevole  con
conseguente soggezione al giudizio di comparazione,  sempre  unitario
ed inscindibile. 
    Orbene, risalente ma  mai  contraddetta  pronuncia  dello  stesso
giudice (Sez. 1, Sentenza  n.  556  del  18/01/1996)  nel  dichiarare
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
del previgente art.  69,  comma  quarto  (che,  cosi'  come la  norma
attuale estendeva il giudizio di bilanciamento anche alle circostanze
inerenti alla persona del colpevole ed a quelle ad effetto  speciale)
sollevata con riferimento agli art. 2, 3 e 27 della costituzione, (3)
ancora il proprio giudizio alla considerazione del  fatto  che  detta
disciplina da un lato  consente  un  trattamento  sanzionatorio  piu'
severo nel caso che il giudice di merito ritenga la prevalenza  delle
circostanze aggravanti,  dall'altro  lascia  la  possibilita'  di  un
trattamento piu' mite nel  caso  in  cui  detto  giudice  ritenga  al
contrario  la  prevalenza  della  circostanza  attenuante  del  vizio
parziale di mente. 
    Cio'  posto,  se  il  rispetto  dei  precetti  costituzionali  di
eguaglianza  e  di  proporzionalita'  della  pena,  in   materia   di
circostanze inerenti la persona del colpevole e nella fattispecie  di
vizio parziale di mente e' ancorato alla possibilita',  a  suo  tempo
riconosciuta al giudice, di valutare caso per caso la possibilita' di
prevalenza della  particolare  condizione  soggettiva  rispetto  alle
aggravanti concretamente ricorrenti,  non  v'e'  chi  non  veda  come
deprivare il giudice di questa facolta' (consentendo solo giudizio di
equivalenza o addirittura di subvalenza dell'attenuante)  rimetta  in
discussione tutti i dubbi sino ad allora prospettati  in  dottrina  e
giurisprudenza   in   ordine   alla   legittimita'    della    stessa
sottoposizione al giudizio  di  comparazione  di  questa  particolare
circostanza inerente la sfera dell'imputabilita'. 
    In particolare era  stata  sottoposta  alla  Corte  la  questione
inerente il possibile contrasto dell'art. 69, comma quarto, c.p.  con
i principi di uguaglianza e di ragionevolezza - ai sensi dell'art. 3,
comma l, della Costituzione la  legge  dovendo  trattare  in  maniera
uguale  situazioni  uguali  ed  in  maniera   razionalmente   diversa
situazioni diverse - oltre che di personalita' della  responsabilita'
penale (art. 27 , comma 1, Cost.), dovendo questa  identificarsi  con
la  responsabilita'  colpevole,   nonche'   con   il   principio   di
umanizzazione e con la finalita' rieducativa  della  pena  (art.  27,
comma 3). 
    Ed e' sotto questi ultimi profili, che questo giudice ritiene  di
dover censurare il novellato articolo 69, comma  quarto,  c.p.  nella
parte  in  cui  pone  un  divieto  di  prevalenza  della  circostanza
attenuante del vizio parziale di mente rispetto all'aggravante  della
recidiva reiterata di cui all'articolo 99, comma quarto, c.p. 
    In proposito, la scrivente, pur  consapevole,  che  nel  caso  in
esame non si discute del giudizio di comparazione di una  circostanza
ad effetto speciale, ritiene comunque di rilevare come  la  norma  si
pone  in  contrasto  con  il  principio   di   ragionevolezza   quale
particolare accezione del principio di uguaglianza  di  quell'art.  3
Cost. in termini non dissimili da quelli gia' evidenziati dal giudice
delle leggi nelle sentenze 251/2012, 105 e 106 del 2014. 
    Con riguardo all'operativita' di quest'ultimo rinvio infatti deve
osservarsi, tra l'altro, come la eterogeneita' delle  circostanze  ad
effetto speciale quanto di quelle inerenti la persona  del  colpevole
rispetto a quelle comuni, era ben presente sia nel legislatore del 74
che in quello del 2005, in entrambe le novelle essendosi  preoccupato
di stabilire che anch'esse  (in  tutte  due  le  norme  unitariamente
trattate), devono rientrare nel giudizio di bilanciamento. 
    Infatti il divieto di  prevalenza  delle  suindicate  circostanze
attenuanti rispetto alla recidiva reiterata comporta che il  giudice,
effetto della cui  ragionevolezza si  dubita  fortemente,  non  possa
graduare il  trattamento  sanzionatario  in  relazione  all'obiettivo
disvalore del fatto e che possano essere irrogate  pene  identiche  a
quelle usualmente inflitte per fatti ben piu' gravi, anche laddove ci
si trovi, come nel caso in esame, in presenza di una rapina avente ad
oggetto la sottrazione di beni di modestissimo valore ed  in  cui  e'
stata esercitata una violenza  minimale  avverso  la  persona  offesa
(oltretutto in un momento successivo alla sottrazione) ad opera di un
soggetto infermo di mente, la cui capacita' di  intendere  di  volere
era per questo grandemente scemata. 
    La norma impugnata  del  resto  appare  anche  in  contrasto  con
l'articolo 27, comma 3, della Costituzione, sia nella  parla  in  cui
pone il divieto di prevalenza dell'attenuante del  viso  parziale  di
mente che in quella in cui  vieta  la  prevalenza  della  circostanza
attenuante del danno patrimoniale di speciale  tenuita',  circostanza
invero  comune  ma  sussistente  esclusivamente  con  riferimento  ai
delitti contro il patrimonio o  che  comunque  lo  offendono,  dunque
direttamente incidente sulla concreta offensivita' del fatto rispetto
al bene protetto. 
    Sotto   questo   profilo   appare   sufficiente   richiamare   le
considerazioni svolte dalla Corte Costituzionale laddove osservi  che
la  recidiva  reiterata,  infatti,  riflette  i  due  aspetti   della
colpevolezza e della pericolosita', ed e' da ritenere che questi, pur
essendo pertinenti al reato, non possano assumere,  nel  processo  di
individualizzazione  della  pena,  una  rilevanza  tale  da  renderli
comparativamente prevalenti rispetto al fatto oggettivo  (di  qui  il
problema  del  bilanciamento  anche  con  riferimento  all'attenuante
comune del danno patrimoniale di speciale tenuita'). Il principio  di
offensivita'  e'  chiamato  ad  operare  non   solo   rispetto   alla
fattispecie base e alle circostanze, ma anche rispetto  a  tutti  gli
istituti che incidono sulla individualizzazione della  pena  e  sulla
sua  determinazione  finale,  se  cosi'  non   fosse   la   rilevanza
dell'offensivita'   della   fattispecie   base   potrebbe   risultare
neutralizzata  da  un  processo  di  individuazione   prevalentemente
orientato sulla colpevolezza e sulla pericolosita', che  richiama  le
vituperate esperienze del Tater-Typ. 
    Del resto in piu' pronunzie la  Suprema  Corte  ha  elaborato  il
principio secondo il quale la finalita' rieducativa  della  pena  non
sia limitata alla sola fase dell'esecuzione, ma costituisce una delle
qualita' essenziali e generali che caratterizzano  la  pena  nel  suo
contenuto ontologico l'accompagnano da  quando  nasce,  nell'astratta
previsione normativa, fino a quando in  concreto  si  estingue:  tale
finalita' rieducativa  implica  pertanto  un  costante  principio  di
proporzione tra qualita' e quantita' della sanzione, da una parte,  e
offesa, dall'altra (sentenze n. 313 del 1990, 343 del 1993,  422  del
1993). 
    Percio'  questo  giudice  dubita  fortemente  della  legittimita'
costituzionale della norma  censurata  perche  in  contrasto  con  la
finalita' rieducativa della pena, che implica «un costante "principio
di proporzione" tra qualita'  e  quantita'  della  sanzione,  da  una
parte, e offesa, dall'altra (art. 27, comma 3, Cost.). 

(1) Successivamente sostituita con quella degli arresti domiciliari. 

(2) Tra l'altro per un delitto della stessa indole, trattandosi di un
    tentativo di rapina aggravata (dall'uso di un'arma da taglio)  ai
    danni della cassiera di un supermercato. 

(3) Si rammenti che coeva pronunzia del giudice delle  leggi  (numero
    168  del  28  aprile  1994)  aveva  dichiarato   l'illegittimita'
    costituzionale della medesima norma nel caso  di  concorso  della
    circostanza attenuante di cui all'articolo 98 c.p. con ora o piu'
    circostanze agravanti che comportano la pena dell'ergastolo.